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‘Obolòs, il caso Mancini’: il ruolo dei collezionisti e delle collezioni private in mostra.

L’allestimento numismatico della Fondazione Archeologica Canosina visitabile da oggi. Espone pezzi dal periodo greco al Regno delle Due Sicilie

Stamattina l’inaugurazione presso il Museo dei Vescovi di Canosa di Puglia

Comunicato Stampa

Si chiama Obolòs, dal nome della piccola moneta che, nell’antica Grecia, veniva posta sotto la lingua dei defunti per pagare il pedaggio al traghettatore di anime Caronte. Si tratta della mostra numismatica della Fondazione Archeologica Canosina, che è stata inaugurata questa mattina presso il Museo dei Vescovi di Canosa di Puglia.

L’esposizione, che si inserisce nella serie di appuntamenti che, durante tutto il 2023, la Fondazione ha posto in essere per celebrare il trentennale di attività, è allestita con una porzione delle monete donate alla FAC da Cataldo Mancini.

In mostra, più di trecento pezzi raccolti e conservati dal collezionista di Andria, a coprire un arco cronologico che va dal sesto secolo a.C. alla fine del diciannovesimo secolo.

Nella collezione Mancini, che si compone nella sua interezza di oltre tremila pezzi, spiccano autentiche rarità di periodi diversi. Le monete sono, infatti, divise per nuclei: da quello greco/ellenistico/magnogreco sino al Regno d’Italia, passando per l’Impero Romano, il Medioevo, i regni pre unitari, il Regno delle Due Sicilie, con un’ampia sezione dedicata agli esemplari esteri. L’allestimento in questione, ad opera di Sandro Sardella, Curatore del Museo e della mostra, e di Michela Cianti, rende fruibile una selezione delle monete considerate più rappresentative delle diverse epoche.

Un oro con l’effigie di Papa Anastasio II, risalente al quarto secolo d.C., un argento raffigurante il leggendario Taras a cavallo di un delfino e, ancora, la prima lira del 1861 – uno dei coni più rari in assoluto – sono alcuni esempi di quanto esposto, a cui si aggiungono coni rarissimi che riguardano la Repubblica Partenopea, la Puglia pre-romana ed esemplari di cartamoneta del Regno d’Italia.

Oltre alle monete, Obolòs espone anche reperti di vasellame dauno/ellenistico, inclusi nella mostra perché – esattamente come la collezione Mancini – provengono da donazioni fatte al Museo nel corso degli anni. La mostra intende, infatti, accendere i riflettori sull’importanza dei collezionisti e delle collezioni private, soprattutto quando, come nel caso di Mancini, questi decidono di mettere a disposizione della collettività i beni di interesse storico acquistati o ereditati nel corso della vita.

L’auspicio della esposizione, pertanto, anche quello di approfondire il ruolo dei privati al fine di incentivare un loro coinvolgimento sempre più incisivo nella condivisione del patrimonio culturale.

“E’ grazie alla donazione o al prestito che quei beni diventano oggetti di mostre in spazi museali pubblici o privati, giovandosi della preziosa intermediazione delle Fondazioni, come avvenuto qui a Canosa”, le parole di Sardella.

“Con l’allestimento, si vuole tributare soprattutto la figura di Mancini che, trent’anni fa, in concomitanza con la costituzione della Fondazione Archeologica Canosina, decise di donare la sua collezione di monete, fino a quel momento non fruibile dal pubblico, alla nascente Fac – ha spiegato Sergio Fontana, Presidente e tra i co-fondatori della FAC – Con questo atto, la collezione fu messa al servizio di studiosi, esperti, ma anche tutti i cittadini. La Fondazione ebbe la lungimiranza di assumersi la responsabilità gestionale di questo patrimonio e, attraverso il Museo dei Vescovi, ha iniziato, sin da subito, una intensa attività di valorizzazione che continua ancora oggi”.

Parallelamente al nuovo allestimento, è partita, infatti, una nuova attività di inventario e di studio dei reperti. La mostra Obolòs è allestita in maniera temporanea presso il primo piano del Museo dei Vescovi e sarà visitabile per i prossimi tre mesi.

– LA COLLEZIONE MANCINI –

La Collezione numismatica di Cataldo Mancini, oggi Fondazione Archeologica Canosina Onlus, si compone di oltre tremila monete divise per nuclei: greco/ellenistico/magnogreche – romane (Repubblica ed Impero) – bizantine – alto medievali – Regni pre unitari (XV-XVIII secolo) – Regno delle Due Sicilie – Regno d’Italia ed estere.

Le monete greche si riferiscono a zone svariate dell’Attica, Corinto, Rodi e dell’Illiria. Per le monete magno greche, si annoverano oboli, dracme, teatradracme in argento e bronzo di antiche città di Sicilia, Campania, Puglia e Calabria. Le monete repubblicane romane, denari, assi, quadranti e vittoriati, si riferiscono a svariati periodi consolari dal III secolo a.C. al I secolo, con monetazione argentea e bronzea. Per l’epoca imperiale, ci si riferisce a quasi tutto l’orizzonte dal I al IV secolo d.C., sino a Costantino. L’epoca bizantina si distingue per monetazione dal V al IX secolo d.C. di vari Basilei di Costantinopoli. Segue la monetazione medievale, di minore consistenza, ma riguardante zecche papali di Roma, città della Toscana, Napoli, Sicilia, Emilia Romagna sino a Milano.

Di interessante orizzonte anche le monete rare della Repubblica Partenopea, del Regno delle Due Sicilie (molte sono le piastre e i tornesi in argento con splendidi ritratti), sino al Regno d’Italia. Per quest’ultimo vi è maggiore concentrazione di monete di Vittorio Emanuele III, ma non mancano monete di Umberto I e Vittorio Emanuele II.

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