Laura Cecchetto, Il canto del cuculo. Poesie, Guido Miano Editore, Milano 2025 Recensione di Floriano Romboli
Comunicato Stampa
Come il soffio dolce del vento. La poesia di Laura Cecchetto
A voler caratterizzare la ricerca lirica di Laura Cecchetto con un’annotazione generalizzante, criticamente compendiaria, ma non frettolosamente sovrapposta ai testi, proporrei quella della sentimentalità tenue e raccolta, dell’attenzione stupefatta, intensa eppur delicata, ai tanti aspetti intimamente coinvolgenti e moralmente gratificanti della vita. L’autrice, di professione medico, nutre un amore profondo per la vita, per tutta la vita, della quale apprezza con convinzione il valore inestimabile e il sovrano equilibrio: “E quando tornerò/ finito questo viaggio/ ti porterò in regalo/ i cesti di ferite/ le borse di dolore/ ma anche la saggezza/ il coraggio l’amore” (Il ritorno, corsivo mio, come sempre dopo).
L’esperienza del viaggio esistenziale riempie l’animo di sentimenti contrastanti, di stati interiori assai differenti (“E alla morte che falcia/ il soffio della vita/ porti il canto gioioso/ della vita che esplode./ E con la primavera/ aleggia nella strada/ ancora bagnata di pioggia”, Vento di primavera), il cui acuto avvertimento determina nei versi la formalizzazione antitetica dei contenuti etico-psicologici: “Dolce soffio di vento/ che porti il fresco effluvio (…) entri fresco e furtivo/ dalla finestra aperta/ del tetro e buio ospedale”(ivi).
Il bilancio dei tanti accadimenti che occorrono a ognuno è agli occhi della poetessa senz’altro positivo, pur non ignorando essa lucidamente i momenti di privazione, di delusione, di sofferenza: “Inchinati senza dire/ che amara è questa valle/ perché ogni esperienza/ di questo sacro viaggio/ è un punto di partenza/ per dare al tuo destino/ sempre una marcia in più/ e mettere più luce/ su questo tuo cammino” (Inchinati alla Vita).

L’inequivoco amor vitae proprio della scrittrice diviene nel libro nucleo generativo di spunti tematici aggiuntivi, fonte di altri motivi, quali, ad esempio, l’interesse partecipe alla dimensione naturale, còlta e rappresentata in un felice descrittivismo non alieno da precisi rilievi cromatici: “Pioggia di foglie gialle/ che danzano nel vento/ e dolcemente volano/ sull’umido asfalto/ sulle auto che passano/ e il sole sorride/ dal cielo di novembre”(Festa d’autunno); “E un cormorano osserva/ col suo collo flessuoso/ dall’altra riva il tramonto/ e gli alberi dalle rosse foglie/ danzano allegramente/ al suono della campana/ sulla riva del fiume” (Giorgia). Inoltre dalla contemplazione dell’armonia della natura originano atteggiamenti altruistici, moti di commossa solidarietà (“E la gente sotto l’ombrello…passa senza vedere/ che davanti al supermercato/ un vecchio col suo cane/ steso su un misero letto/ fatto di vecchi stracci/ chiede un pezzo di pane/ o forse solo un sorriso”, Indifferenza), tenerezze affettive (“Tutte le notti a maggio/ sotto al misterioso raggio/ della luna piena/ e tra il dolce profumo/ del glicine fiorito/ vorrei amarti nel prato/ tra la canzone dei grilli”, Maggio), corroboranti situazioni spirituali, alle quali la fugacità non toglie dolcezza e valore, importanza e “memorabilità”: “Alla nostra età/ trovi tutto lo spazio/ che conservi nel cuore/ per godere un tramonto/ e sentire il rumore/ dell’onda sugli scogli/ e raccogliere le bacche/ che crescono nel bosco/ di godere l’amicizia/ e i momenti speciali./ E la vita è più bella/ perché ora la cogli/ e la sai apprezzare.. .(“Alla nostra età); “Quanto tempo è passato/ ma se penso al senso/ di amicizia e di casa/ che dentro a quelle mura/ riceveva il mio cuore,/ vorrei tornare indietro…” (Il cortile).
Inoltre la bellezza del creato reca traccia palese di un ordine superiore: “E guarderò dal cielo/ il tuo profondo mare/ dalle onde increspate/ e le cime innevate/ dove soffia perenne/ lo Spirito divino” (Alla Terra).
Nell’autrice risulta poi pienamente coerente un linguaggio essenziale, contraddistinto dalla sintassi molto lineare e da un lessico nel complesso “medio” e colloquiale, privo di ricercatezza intellettualistica, nondimeno lontano dal semplicismo immediato e trascurato, dall’assenza di elaborazione stilistica e ritmica. Mi permetto al proposito di segnalare il ricorso alla figura dell’anafora (“Inchinati alla Vita…Inchinati anche quando…Inchinati senza dire”, Inchinati alla Vita, cit.) oppure alla rima (“Finché non sarai libero/ dovrai sempre tornare/ a contemplare l’alba/ ad ascoltare il mare”, Tornare) e all’ enjambement: “Dolce e inaspettata/ corrente di vita… Chissà da che mondo giungi,/ chissà quanti ricordi/ sopiti nel passato” (Corrente di vita).
L’omaggio ideale-culturale che Laura Cecchetto con il suo lavoro d’arte rende alla vita si basa sulla convinzione che in fondo essere venuti al mondo è stato per tutti un grande dono: “Questo è il tuo vero volto/ scolpito dal tempo/ scolpito dal dolore/ temprato nella fatica/ del quotidiano affanno./ Questo è il tuo vero volto/quello per cui è valso/ lanciarti in questo viaggio” (Il tuo vero volto).
Floriano Romboli
L. Cecchetto, Il canto del cuculo. Poesie, Guido Miano Editore, Milano 2025, pp.62.