La complessità della vita e il significato dell’esistenza nella ricerca lirica di Biancamaria Valeri
Comunicato Stampa
È caratteristica saliente delle poesie che Biancamaria Valeri raccoglie nel volume Di fiore in fiore, recentemente pubblicato dall’Editore Miano, la notevole essenzialità linguistico-espressiva, come bene ha messo in evidenza il prefatore Marco Zelioli: “Da lei/ la materia è permeata/ e vive/ e sente/ e avverte/ e percepisce./ È un Paese la mia Anima./ È il luogo profondo/ dei sentimenti e dei ricordi miei” (Paese dell’anima). Ciò non è sicuramente indizio di spontaneità impressionisticamente effusiva, di approssimazione formale, giacché – lo sottolinea ancora il medesimo studioso – i testi rivelano tratti manifesti di non superficiale elaborazione artistico-letteraria, a partire dalla frequente, cόlta ricercatezza lessicale: “Algido è il cielo/ dove stormi di uccelli/ si rincorrono/in volteggi lenti e misurati/ malinconico preludio della loro dipartita/ verso altri lidi” (Vento d’autunno) ; e inoltre, citando in ordine sparso, in questi componimenti ricorrono vocaboli quali “adamantino”, “pelago”, “ratte”, “avìte”, “speme”, “fûr” e varî altri.
Per parte mia osserverei in aggiunta che la linearità e la semplicità stilistico-compositive alle quali si è fatto cenno in precedenza conoscono nello stesso tessuto verbale un’interessante sollecitazione antagonistica, una controspinta determinante indugio discorsivo, complicazione e inversione sintattiche prodotti dall’adozione sistematica del procedimento anastrofico: “Brilla/ l’azzurro ciel/ come cristallo adamantino./ Dal mare/ piatto e placido/ refrigerante brezza spira” (Estate); “Racchiuso nell’abbraccio/ di cielo e terra/ dai tuttavia dell’infinito il sentimento” (Il mare); “Di silenzio si riempie/ la sfera celeste e la terra./ Alla muta volta del cielo/ risponde/ il bagliore spettrale/ delle luci cittadine” (Falce di luna calante).
L’impiego meditato di altre figure retoriche, dalla similitudine (“Come viandanti/ andiam peregrinando,/ percorrendo una strada”, Viaggio) all’antitesi (“Piccole luci/ che lottano contro la notte/ sembrano parlare tra loro,/ chiacchierine splendenti” (Attesa); “Si capisce la gioia/ se si attraversa/ la stretta e angusta/ porta del dolore” (Dolore e vita), nonché di studiate soluzioni fonico-ritmiche come la rima (“Lì dove il caldo nasce per amore/ e nasce anche/ per l’amara esperienza del dolore”(Lacrime) o l’enjambement (“Di delizie mi sazierò/ nell’infinita pace del tuo/amore” (La tua pace), rappresenta un’ulteriore attestazione dell’origine pure riflessa e riflessiva di questi versi.
Nelle pagine della Valeri è poi palesemente attiva una strategia di “allusione” estetico-culturale a luoghi assai noti della letteratura italiana. Il rinvio intenzionale si fa occasione preziosa di emulazione intellettuale, di stimolante confronto: “La bella d’erbe e d’animal/ famiglia/ gode/ per la ricchezza/ delle messi/ che dona generosa/ la natura” (Estate), in cui appare, appena dissimulato, il richiamo all’inizio dei Sepolcri foscoliani: “Ove più il Sole/ per me alla terra non fecondi questa/ bella d’erbe famiglia e d’animali” (vv.3-5) ; e in forma più franta e diffusa a L’infinito di Giacomo Leopardi: “Non voglio staccarmi/ da
questo colle/ dove affacciata sulla valle/ sto bene,/ avvolta nei pensieri miei./ Contemplo l’infinito/ e una profonda quiete/ inonda l’anima mia” (Abbandono). Potrei proseguire con le citazioni, ma mi limito a segnalare la ripresa inequivoca di un passo celeberrimo del canto XXVI dell’Inferno dantesco: “Lui scelse/ il ben dell’Universo/ e mai lasciò/ la linea prefissata/ non illusori risultati/ ma il frutto di/ virtù e conoscenza (Deriva, corsivi miei).
L’autrice riserva in particolare un’attenzione spiccata all’universo naturale, accostato e reso nella sua esuberante vitalità, nella captante molteplicità dei suoi aspetti con gli accenti di un brioso descrittivismo: “Ti affacci sulla valle/ che ampia e verdeggiante/ si apre al tuo sorriso./ Attraversata è dal vento/ questa valle./ Il signore delle nubi/ corre, vola,/ a volte leggero/a volte violento/ …Monti azzurri per i boschi/ che le pendici fino a cima ammantano” (A Ferentino mia città); “Abbracci con forte/ e appassionato legame/ tutta la grande Famiglia/ del genere umano/ che prende da te linfa e nutrimento./ Sostieni erbe ed animali/ ma anche chi appare/ lontano da forme viventi./ Tutto in te vive/ tutto in te si scioglie” (Madre natura).
La natura, oltre che nella sua dimensione autonoma, vive nella complessa valenza metaforica dell’esistenza medesima, della varietà e contraddittorietà suggestive dei tanti volti della stessa, delle gioie e dei dolori, delle aspettative fiduciose e delle amare delusioni, in una dialettica serrata e polivalente: “Metafora caduca/ della vita ingannano il passante/ con lo squillante colore/ delle fronde/ La terra odora di muschio (…) Sospinte dal vento/ sferzante/ in contrasto con la pioggia/ le foglie son cadute./ Un sospiro d’addio/le ha fatte vibrare/mentre abbandonavano il ramo” (Tappeto di foglie); “Mette le ali al cuore/ il dolore,/ che sprofonda il tuo sentire./ Come molla, però,/ ti spinge/ a risalir l’Abisso./ Speme di sopravvivenza/ al Nulla che isterilisce/ rattrappisce” (Dolore).
La speranza trova indubbio fondamento in una Presenza superiore, confortatrice e pacificante, che costantemente accompagna l’uomo nel suo cammino: “Nel tuo seno materno/ troverò pace, o Dio (…) Non m’atterrirà/ alcun male/ se s’apre/ la misericordia tua (…) Luce infinita/ e profondo amore./ Apri le braccia/ e dammi pace,/ Amore,/ nella luce del tuo amore/ quiete avrò” (La tua pace, cit.).
Floriano Romboli
Biancamaria Valeri, Di fiore in fiore, prefazione di Marco Zelioli, Guido Miano Editore, Milano 2024.