La Federazione Italiana dei Club UNESCO per la valorizzazione delle diversità linguistiche
Dalla Basilicata alla Sicilia, dal Friuli alla Puglia, Calabria, Piemonte e Liguria, un viaggio alla scoperta di un antico patrimonio
Importante iniziativa dei Club per l’UNESCO, appartenenti alla FICLU, nell’ambito della tutela e della salvaguardia delle minoranze linguistiche, con un convegno dal titolo “Il galloitalico, l’occitano, il francoprovenzale in Italia ed in Europa: un itinerario alla scoperta delle tracce di un antico patrimonio.”
Grazie al consueto metodo di comunicazione telematica, è stato possibile mettere in contatto numerosi esperti e ricercatori, tutti indirizzati verso la difesa delle diversità linguistiche in un vero e proprio viaggio di scoperta, promosso dai Club di Piazza Armerina, Enna, Acicastello, Giarre-Riposto, Sciacca, Sanremo, Udine, Altamura, Cerignola e Vulture, con la collaborazione della FICLU, presieduta dall’Arch. Teresa Gualtieri, ed il coordinamento da parte di Anna Maria Di Rosa Placa, presidente del Club per l’Unesco di Piazza Armerina e Vice Presidente della Federazione Euro-Mediterranea.
La Presidente Nazionale FICLU Teresa Gualtieri, ha aperto l’incontro, evidenziando che, a partire da esso, la FICLU dedicherà crescente attenzione al tema delle diversità linguistiche, considerato prioritario per l’UNESCO, che ha come fine ultimo la costruzione della pace e può attuarlo solo tutelando le diversità, organizzandole in un’unica collettività umana mondiale. In tale contesto, ha proseguito la Presidente Nazionale, le lingue sono un patrimonio culturale fondamentale da tutelare, stimolando lo studio della lingua locale nella scuola e attraverso strumenti come l’atlante UNESCO delle lingue, creato per individuare e proteggere le parlate che stanno scomparendo, in quanto patrimonio di diversità, nel quale per l’Italia sono inserite appunto il Galloitalico, l’Occitano ed il Franco provenzale.
Il Prof. Salvatore Trovato, linguista e presidente dell’”Associazione per la conoscenza e la salvaguardia dei dialetti Gallo italici della Sicilia”, ha approfondito l’aspetto inerente l’importanza del dialetto come veicolo di una cultura. Ha sottolineato la necessità di coinvolgere anche le nuove generazioni per avvicinarle ai dialetti, promuovendone la conoscenza. In merito, ha parlato del Galloitalico di San Fratello, portato nel Medioevo da Normanni ed Aleramici, che contribuirono a rendere forte questa lingua nel sud Italia e soprattutto in Sicilia, dove esistono numerose isole linguistiche alloglotte. Inoltre, l’illustre relatore ha messo in evidenza come le parole descrivano i mestieri praticati dai nuovi colonizzatori, aiutando così a comprendere meglio un popolo e la sua struttura sociale. Infine, ha spiegato che l’etimologia consente di risalire anche alla storia di un popolo, in assenza di documenti scritti, per spiegare alcuni elementi caratteristici di quel dato periodo.
Successivamente è intervenuta la Prof.ssa Patrizia del Puente, direttrice del Centro Internazionale di Dialettologia. Ha riferito che nell’Università degli studi della Basilicata sono già presenti corsi di alfabetizzazione dialettale, un progetto legato al Centro e portato avanti insieme a Cambridge, Oxford, Pisa, Udine e Palermo. Ha parlato delle lingue come scrigno dell’identità di un popolo, dell’importanza di insegnarle anche nelle scuole, ma attraverso esperti in madrelingua; ha sottolineato il contatto con Palermo da parte della grande Lucania, dove i Gallo Italici arrivarono di rimbalzo dalla Sicilia, portando la lingua ancora oggi presente in una vasta area della provincia Potenza, come già aveva sostenuto e dimostrato l’eminente dialettologo Rohlfs. Concludendo, anche la professoressa ha sostenuto l’importanza del mantenimento di una diversità che è arricchimento.
Molto interessante l’intermezzo nel quale è stato possibile ascoltare Eleonora Bordonaro, cantautrice in Galloitalico, che ha avuto modo di conoscere una serie di poesie di San Fratello, i cosiddetti canti Lombardi,contenenti fatti collegati a quella cultura. Arrivando dalla Piana di Catania nella zona sanfratellana, in un tentativo di mantenere vive le radici, si è dedicata all’ascolto dei parlanti locali, coadiuvata dagli stessi per imparare la lingua e vivificarla con nuovi apporti significativi.
Per il Galloitalico un largo contributo ci è stato offerto nel potentino da Antonio Cuccaro, che ha da poco pubblicatoil volumetto “Inedito Galloitalico. Dialetto, parlanti e civiltà contadina in Basilicata”, con la finalità di suscitare maggiore coinvolgimento intorno a questo fenomeno linguistico attraverso ricerche, idee, intuizioni e confronti dialettali. Già funzionario dell’APT di Potenza, è stato coordinatore del progetto “I dialetti Galloitalici della Basilicata”, realizzato dalla Prof.ssa Maria Teresa Greco dell’Università di Potenza, con la costituzione di una rete tra i comuni di Potenza, Picerno, Pignola, Trecchino e Vaglio.
L’ideale viaggio tra le minoranze linguistiche si è poi spostato a nord, in territorio occitanico, tra la Liguria e il Piemonte, dove si parla ancora l’Occitano. Il primo a prendere la parola è stato il Prof. Franco Bronzat, Occitanista, che, nel suo breve intervento, ha parlato di questa lingua non di immigrazione, ma presente da sempre nella zona alpina sia italiana che francese. Si tratta di oltre 12 milioni di abitanti dei quali tre o quattro milioni ancora parlanti. Nonostante il numero ancora vasto, non esiste però una cattedra universitaria e spera che questa lingua, la prima ad essere scritta e cantata, possa trovare almeno qualche insegnante itinerante.
Un altro relatore della stessa zona è stato il Dott. Gianni Belgrano, presidente dell’associazione “A Vastera” della terra brigasca che, insieme al Prof. Roberto Moriani, autore del Vocabolario della cultura brigasca, hanno parlato del tentativo di conservazione della parlata presente in vari centri in Francia e in Liguria e diventata interamente francese dopo la rettificazione dei confini del 1947. In questo contesto si tratta di un vero e proprio tentativo di recuperare le radici di un popolo e, proprio Roberto Moriani, ha parlato di quanto il brigasco venga salvato nonostante sia un’ulteriore minoranza all’interno del panorama occitano. Una lingua che sta a cavallo tra il Gallo romanzo e il Galloitalico.
La Prof.ssa Rosa Talia, socia del Club di Cerignola, ha preso parte al convegno con un intervento dal titolo “L’area francoprovenzale in Puglia: Faeto e Celle di San Vito.” Ancora una volta la lingua ricorda un fatto storico particolare: con l’arrivo di Carlo d’Angiò, si stanziano nella zona, tra due monasteri benedettini, 200 soldati che fortificano un castello e in seguito vengono raggiunti dalle famiglie. Va da sé che la lingua parlata, in questo caso un francoprovenzale arcaico, rimane vivo nella zona. Il recupero di questa esperienza è ancora oggi testimoniato da uno sportello francoprovenzale presente nella provincia.
L’ing. Fabrizio Di Salvo, Presidente della Federazione Euro-Mediterranea delle Antiche Migrazioni Medioevali ha parlato, invece, del suo grande interesse da libero ricercatore per le migrazioni dei popoli. Partendo dalla storia della nostra specie, l’homo sapiens, ha evidenziato quanto la natura di viaggiatore ha caratterizzato anche la predisposizione a creare numerose forme di commistioni linguistiche. Entrando nello specifico delle migrazioni in Italia ha voluto mettere l’accento sulle varie isole linguistiche alloglotte: i Walser di origine germanica in Piemonte e Valle d’Aosta con la loro parlata Titsch; i Ladini nelle zone dolomitiche tra le province di Trento, Bolzano e Belluno; la minoranza albanese Arbereshe nel sud Italia (in Calabria e a Piana degli Albanesi in provincia di Palermo); quella croata nel Molise; la Francoprovenzale in Puglia nel territorio della Valmaggiore, sui Monti della Daunia in provincia di Foggia; gli Occitani valdesi a Guardia Piemontese in Calabria; la Grecia salentina; fino ad arrivare al Galloitalico in Sicilia e Basilicata. Solo per citare i più noti. Una straordinaria mescolanza e fusione, una commistione che per ogni ricercatore risulta una splendida opportunità di osservazione. Rilevando che queste componenti permettono di abbattere barriere e legare con maggior tolleranza i popoli, ha parlato dell’importanza della Federazione in quanto esperimento per mantenere vivo l’interesse sull’unione dei popoli e la difesa delle minoranze.
Concludendo i lavori, la Prof.ssa Maria Simone, consigliera FICLU, ha auspicato che i Club proseguano questo percorso, affiancati dalle Università e si definisca un protocollo d’azione per la valorizzazione dei territori. Le lingue conservano, come uno scrigno, le tracce della nostra storia e della nostra identità, custodirle e valorizzarle, secondo un’ottica di inclusione, contribuisce a promuovere l’integrazione tra i popoli.
Il link della video conferenza